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Corte d'Appello di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 18/04/2005
Giudice: Schiavone
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 118/05
Parti: Fiom Cgil/Carle e Montanari s.p.a.
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO: EXTREMA RATIO – RICORSO ANALOGICO AI CRITERI DI SCELTA NON ARBITRARI DI CUI ALL’ART. 5 LEGGE N. 223/1991: NECESSITA’


Una lavoratrice veniva licenziata “a causa di un calo di attività e di una conseguente riorganizzazione del lavoro”. In presenza di un dimostrato calo di fatturato (paraltro relativo ad una ditta collegata al datore di lavoro) ed in mancanza di altre assunzioni dopo il licenziamento, il Tribunale di Bologna aveva dichiarato legittimo il recesso della dipendente, che conseguentemente appellava la sentenza. La Corte d’Appello ritiene rilevanti altre circostante, la prima delle quali relativa all’apertura da parte dello stesso datore, dopo appena un anno, di altri due negozi, fatto considerato “sicuramente espansivo delle capacità economiche del complesso aziendale” e quindi fortemente indiziario che la crisi agitata con riferimento a poco più di un anno prima avesse, in realtà, carattere transeunte. La Corte inoltre osserva come, pur costituendo il recesso una extrema ratio (Cass. n. 6057/00) non risultava essere stata prospettata alla lavoratrice “una seria proposta novativa del licenziamento: non un part-time, non un demansionamento che, com’è noto, è ormai ammesso dalla giurisprudenza come alternativa al licenziamento (cfr. Cass. n. 11727/99)” Inoltre, partendo dalla considerazione che il particolare tipo di mansioni difficilmente si possono ritenere compresse o addirittura annullate, “trattandosi di mansioni per così dire strutturali o meglio inerenti alla struttura aziendale”, a parere dei giudici di secondo grado, non trovandoci di fronte a mansioni altamente specialistiche il datore di lavoro avrebbe dovuto provare, oltre che l’impossibilità di utilizzare altrove la lavoratrice licenziata, il rispetto delle regole di correttezza di cui all’art. 1175 cod. civ. nella scelta tra più lavoratori occupati in posizione di piena fungibilità (Cass. 14663/01; conf. Cass. 16144/01; n. 3874/01; n. 6667/02): in sostanza, secondo la Corte, “la facoltà del datore di lavoro di individuare la persona da licenziare, non solo deve risultare giustificata dall’esistenza di un motivo inerente la produzione, quanto dev’essere esercitata rispettando modalità che consentano al giudice di sindacare la legittimità del criterio utilizzato per la scelta della persona su cui debba cadere il licenziamento”. In particolare il Collegio ha ritenuto di condividere la conclusione dei giudici di legittimità secondo cui va fatta “applicazione analogica di criteri obiettivi quali quello dei carichi di famiglia e dell’anzianità previsti dall’art. 5 della legge n. 223 del 1991escludenti l’arbitrarietà della scelta, in attuazione degli artt. 2, 3 comma secondo e 41 comma secondo della Costituzione che impongono una maggior tutela del lavoratore socialmente più debole, rispetto al più avvantaggiato (Cass. n. 11124/04)”. La Corte ha invece respinto la domanda della lavoratrice finalizzata ad ottenere, in ambito della cd. tutela obbligatoria, la “riassunzione con efficacia retroattiva alla data del licenziamento, pagando tutte le mensilità omesse.” L’opzione per la riassunzione (in capo al solo datore di lavoro) comporta infatti - per i giudici bolognesi - la costituzione di un nuovo rapporto, con conseguente esclusione della retribuzione per il periodo intermedio (Cass. n. 5715/86; conf. N. 3648/82; n. 974/82) nonché di oneri di carattere assistenziale e previdenziale per il medesimo periodo. La Corte ha quindi accolto solo la domanda di condanna al risarcimento del danno nella misura richiesta di sei mensilità di retribuzione